A tutti voi giunga il mio augurio di un santo Natale.
Un Natale, quello che vi auguro, pieno di Dio, solo di Dio, illuminato solo dalla luce di Dio.
E perché la luce di Dio possa illuminare il nostro Santo Natale è necessario spegnere ogni luce che abbiamo acceso o che altri hanno acceso illudendoci che è la luce del Natale, che è la luce del Bambino Gesù della Notte Santa.
Quante Luci è necessario spegnere!
Quanto coraggio occorre per spegnere tutte queste luci.
Il profeta Isaia ha fatto giungere alle nostre orecchie la notizia:
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce…
Sì, sono le tenebre del peccato che sono state rischiarate ed illuminate dalla luce grande, dal Dio che viene a visitarci.
Ma, permettetemi di aggiungere, le tenebre che Dio viene ad illuminare sono anche quelle tenebre in cui rimaniamo quando abbiamo spento, con coraggio, tutte quelle luci, tutte quelle certezze mondane, che illuminano il cammino del popolo, che illuminano la nostra vita.
Sì, abitiamo con gioia una terra tenebrosa, perché privata dalle mille luci mondane e gusteremo la gioia moltiplicata e la letizia aumentata, al dire del profeta Isaia, perché un bambino è nato per noi ci è stato dato un figlio: il Consigliere Mirabile, il Dio potente, il Padre per sempre, il Principe della pace.
E il mio augurio si fa ancora più forte: il Signore che viene non ci doni di celebrare il Natale, ancora una volta, con la luce dei sentimenti che ci regalano anche le lacrime al suono delle campane a mezzanotte e, per quanti partecipano alla veglia, al passaggio di un bambino dal volto cerato, il cui volto non è il volto del Dio che si fa uomo, del Dio che si fa carne, non è il volto del Dio sfigurato che illumina dall’alto della Croce le tenebre di mezzogiorno.
Il mio augurio è di camminare nel tempo dell’Ottava di Natale nelle tenebre per accogliere e comprendere quanto l’apostolo Paolo scriveva a Tito, chiamandolo figlio.
Anzi:
• ogni papà ed ogni mamma faccia dono, nella notte santa del Natale, di una lettera ai propri figli,
• ogni sposo ed ogni sposa si donino reciprocamente, nella notte santa del Natale, una lettera,
• ogni amico faccia dono, nella notte santa del Natale, di una lettera agli amici,
• ogni credente faccia dono, nella notte Santa del Natale, di una lettera ad ogni uomo
e nella lettera si riscriva quanto l’apostolo Paolo scriveva a Tito e che le nostre orecchie udranno nella Veglia della notte di Natale ma che le mille luci mondane soffocano al suo nascere e non ci permettono di ascoltare, di leggere, di portare al nostro cuore quelle parole.
Nella lettera scrivi:
“Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.”
È un cammino questo tutto in salita così come Giuseppe dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme.
Un cammino nelle tenebre perché abbiamo spento le luci.
Un cammino in salita perché è necessario accogliere il Dio mendicante di abitare, oggi, la nostra storia mentre i tanti Cesare Augusto ordinano censimenti e i tanti Quirinio governano la terra.
Oggi si compiono i giorni del parto e Maria, la fanciulla vergine e tutta bella dà alla luce il suo Figlio, il primogenito, il Verbo fatto carne. E lo avvolge già nelle fasce del sepolcro e lo pone in una mangiatoia perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
Anche oggi, il Verbo che si fa carne e che la vergine Maria ci dona non trova posto nell’alloggio e la bella fanciulla lo pone nella mangiatoia dell’Altare, dove si fa pane perché possa essere mangiato, gustato.
Anche oggi, il Verbo che si fa carne e che la tutta Santa ci dona non trova posto nell’alloggio e la bella fanciulla lo dona ai pastori consapevoli di essere nelle tenebre, poiché pernottavano all’aperto, ma vegliando come le donne sagge e il servo custode della casa.
Lo dona ai pastori che si lasciano avvolgere dalla luce, dal timore di una luce nuova ed allora possono ascoltare dall’angelo l’annuncio di una grande gioia: oggi, nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore! Lo troverete, bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia.
Seguiamo i pastori: i rifugiati, gli immigrati, i senza tetto, i senza lavoro; seguiamo chi non ha un indirizzo, chi è in fuga perché perseguitato; seguiamo la donna abbandonata e violentata, seguiamo i bambini e i vecchi; seguiamo il carcerato, seguiamo ogni uomo povero, ogni donna povera.
Seguiamoli ed accogliamoli e loro ci porteranno alla mangiatoia e con loro canteremo ed ascolteremo il canto degli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Ma per accogliere i poveri è necessario vivere le tenebre delle luci mondane perché proprio queste luci non ci permettono di vederli, di seguirli, di giungere con loro alla mangiatoia.
A tutti ed a me l’augurio di cantare il canto degli angeli nelle tenebre delle luci mondane per scorgere la stella del mattino, la luce della risurrezione!